Da oggi anche i cefalalgici hanno il loro manifesto. E’ un esercito invisibile di sei milioni di italiani quello che soffre di qualche forma di cefalea primaria cronica, un gruppo di malattie invalidanti in cerca di un riconoscimento, sul versante sociale e medico legale. Ma anche malattie che hanno bisogno ancora di trovare la loro strada, passando per diagnosi circostanziate e terapie appropriate.
Strumenti diagnostici e terapie per tutte le esigenze ci sono – assicurano gli esperti - ma mancano i percorsi, quelle strade scorrevoli e senza inutili intoppi fatti di burocrazia e di liste d’attesa, che consentano a tutti di essere trattati nel modo più adeguato, anche vicino casa. Che consentano a queste persone dalla vita minata dalle giornate ‘no’, quelle nella quale l’emicrania si fa sentire con tutta la sua devastazione sulla qualità di vita, di non passare per ‘lavativi’ in ufficio o a scuola (il 25% della popolazione in età evolutiva soffre di cefalea, con possibili gravi ricadute sul rendimento scolastico), di non essere costretti a proteggersi dai rumori e dalle luci della vita, relegati per giorni nel buio della camera da letto.
Anche loro rientrano a buon diritto in quanto stabilito dalla legge 38/10 (‘Disposizioni per garantire l'accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore’), che però stenta evidentemente a trovare un pieno risvolto applicativo in questa categoria di pazienti. E una delle conseguenze è che il 90% dei cefalalgici si cura con il fai-da-te dei farmaci OTC, che possono portare, soprattutto se assunti per lunghi periodi e senza una chiara regia medica, ad una serie di effetti indesiderati, anche importanti a carico di stomaco, reni e fegato. E che tra l’altro possono contribuire alla cronicizzazione del’emicrania e delle altre cefalee primarie.
E’ da questo sfondo di inadeguatezza e di unmet needs che prende le mosse il Social Manifesto italiano per i diritti della persona con cefalea, il primo in assoluto per il nostro Paese. Il Social Manifesto è firmato da SISC, ANIRCEF, FEDERDOLORE—SICD, FEDERFARMA, LIC Onlus, AIC Onlus, Al.Ce Foundation Onlus, e ha ricevuto il patrocinio dell’Associazione di Iniziativa Parlamentare per la Salute e la Prevenzione, nell’ambito dell’Italian Migraine Project.
Gli obiettivi espressi nel documento vanno dal riconoscimento della cefalea primaria cronica come malattia sociale, alla creazione di percorsi diagnostico-terapeutici-assistenziali, adeguati alle necessità del singolo paziente e ispirati agli standard assistenziali delle linee guida; dalla formazione degli operatori sanitari, all’informazione del paziente in merito alla gestione della sua patologia e a come orientarsi all’interno dei servizi sanitari.
Tanti gli attori chiamati a fare la loro parte per la realizzazione di percorsi adeguati ed efficienti. Percorsi che si snodano dal territorio, dalle farmacie e dai medici di famiglia in primis, per arrivare allo specialista territoriale ed eventualmente a quello ospedaliero-universitario per i casi più complessi, secodo un sistema ‘hub and spoke’ bidirezionale. “Quello della cefalea – spiega il dottor Pietro Barbanti presidente ‘Associazione Italiana per la lotta contro le Cefalee’ e Direttore dell’Unità per le Cefalee e il Dolore dell’Istituto Scientifico Neurologo San Raffaele di Roma – è un dolore sine materia che ti accompagna tutta la vita. Si risolve con la presa in carico a 360° del paziente, che può passare per i farmaci, ma anche per approcci paralleli e psicologici. L’Italia è forse il Paese al mondo che più ha contribuito alla ricerca sulle cefalee e anche gli specialisti in materia non mancano: sono 215 i centri cefalee nel nostro Paese e oltre un centinaio gli ambulatori territoriali. Quello che ancora manca è il controllo di qualità di questi centri; bisogna lavorare per cercare di uniformare il trattamento dei pazienti secondo le linee guida e abbattere le lista d’attesa”.
Non va trascurato poi l’aspetto della cefalea nei giovani, un problema forse anche più sommerso. “Le cefalee in età pediatrica-adolescenziale possono avere un impatto spaventoso – prosegue il dottor Barbanti – sul rendimento scolastico. Non sono rari i casi di genitori che si iscrivono alla nostra associazione per affrontare i problemi scolastici del figlio, che rischia di essere preso per un simulatore, per un fannullone a scuola. Abbiamo avuto casi di ragazzi anche molto bravi, non ammessi alla maturità per le troppe assenze fatte a causa della cefalea. Ogni insegnante oggi sa qualcosa sulla dislessia o sull’ADHD, patologie tutto sommato rare. Pochi sanno veramente cosa sia la cefalea, condizione come visto molto più frequente. E’ necessario fare formazione nelle scuole; forse basterebbe anche solo un bollettino, una pagina di informazioni, da inviare agli insegnanti”.
Pensando al territorio, non si può non vedere come fondamentale anche il ruolo del Farmacista. “Per il paziente cefalalgico – afferma Annarosa Racca, presidente di Federfarma - la farmacia è un punto di riferimento importante. Sono 18.000 e farmacie sul territorio e 50.000 i professionisti che vi lavorano, al servizio dei 3,5 milioni di cittadini che ogni giorno vi si recano. Il nostro ruolo è prezioso per fornire informazioni sul corretto uso dei farmaci, per educare il paziente ai corretti stili di vita che contribuiscono a prevenire la patologia o a migliorarne l’evoluzione. Il nostro ruolo è inoltre fondamentale per monitorare l’uso dei farmaci e l’aderenza del paziente alle terapie. Nel campo delle cefalee, la farmacia è uno ‘sportello’ di consulenza perché gli antidolorifici sono tra i farmaci da banco più venduti ed è importante che siano utilizzati in modo appropriato. La farmacia è un presidio integrato nella rete delle strutture sanitarie e come tale può, se necessario, indirizzare i pazienti ai centri specialistici presenti sul territorio, abbreviando i tempi del ricorso alla terapia più adeguata”.
“Oggi in Italia chi soffre di cefalea, e si tratta in gran parte di donne, utilizza troppo spesso i farmaci in modo improprio e protratto, con rischi di tossicità e abuso o dipendenza da questi medicinali, che possono facilitare la cronicizzazione del disturbo – afferma il Prof. Giorgio Bono, presidente della Società Italiana per lo Studio delle Cefalee – per questo è fondamentale arrivare a una chiara definizione legislativa della malattia come patologia sociale, offrendo a ogni paziente un percorso di informazione e cura personalizzato e consentendo l’accesso agli interventi terapeutici più innovativi - farmacologici e non - che oggi, in un’Italia a macchia di leopardo, non sono assicurati allo stesso modo in tutte le Regioni”.Il problema della disparità di percorsi assistenziali da Regione a Regione è evidente e di non facile soluzione, soprattutto in un momento di economia in crisi come quello attuale.
Eppure sarebbe fondamentale arrivare a un sistema di centri di riferimento “che prenda in carico il malato e ne studi il percorso terapeutico – sostiene il Prof. Francesco Maria Avato, responsabile scientifico dell’Alleanza Cefalalgici e ordinario di Medicina Legale presso l’Università di Ferrara- per far sì che possa essere seguito anche sul territorio, da parte del medico di medicina generale”.
“Non ci interessa la protesta – afferma il sen. Antonio Tomassini, presidente dell’Associazione di Iniziativa Parlamentare per la Salute e la Prevenzione – vogliamo invece iniziare un cammino virtuoso con proposte concrete, la cui prima bandiera è appunto il Social Manifesto. La politica non parte da zero; ha già messo in campo strumenti come la legge 38, magari non sufficienti, ma assolutamente validi”.
Maria Rita Montebelli
FONTE: quotidianosanita.it
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