Risiede nel sistema nervoso periferico la sede del dolore dell’emicrania. E’ la conclusione di uno studio coordinato da un gruppo di scienziati della Farmacologia Clinica dell’Ateneo fiorentino e del Centro Cefalee dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi pubblicato su Nature Communications (“Schwann cell endosome CGRP signals elicit periorbital mechanical allodynia in mice” - DOI 10.1038/s41467-022-28204-z).
L’emicrania affligge circa un miliardo e duecento milioni di persone, per lo più donne dai 15 ai 50 anni, che vivono questa condizione con una forte riduzione della qualità della loro vita lavorativa, familiare, affettiva, tanto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito l’emicrania la malattia più disabilitante in quella fascia di età. Per duemila anni il mistero del perché tanti pazienti fossero afflitti da attacchi di dolore ricorrenti e invalidanti è rimasto insoluto finché due anni fa sono stati introdotti dei farmaci che bloccano il CGRP (calcitonin gene related peptide) o il suo recettore. In particolare, gli anticorpi monoclonali che bloccano l’azione del CGRP si sono rivelati farmaci efficaci e molto sicuri per prevenire gli attacchi di emicrania.
L’idea prevalente che l’enigmatico dolore emicranico originasse nel sistema nervoso centrale è stata messa in discussione dal fatto che gli anticorpi monoclonali non penetrano nel cervello, e quindi quest’organo non può essere la sede del dolore dell’emicrania. Tuttavia, il mistero su dove e come si genera il dolore dell’emicrania rimaneva insoluto.
Un gruppo di scienziati guidati da Pierangelo Geppetti, Romina Nassini e Francesco De Logu in collaborazione con un’equipe internazionale (New York University e Monash University, Melbourne) ha pubblicato su Nature Communications la scoperta che il CGRP liberato dalle fibre nervose del nervo trigemino attiva il suo recettore nelle cellule di Schwann. Le cellule di Schwann, ritenute fino ad oggi poco più di un guanto protettivo o supporto passivo per i nervi che esse avvolgono, si sono invece rivelate elementi fondamentali per generare l’intenso, martellante e prolungato dolore dell’emicrania. Il CGRP penetra all’interno della cellula di Schwann (un po’ come fa il coronavirus nelle cellule polmonari) dove attivando complessi meccanismi intracellulari induce una marcata ipersensibilità dei nervi dolorifici cranici che può durare ore o giorni, come appunto succede nell’emicrania.
Nonostante che i Centri Cefalee si facciano carico del trattamento di un gran numero di trattamenti con anticorpi monoclonali anti-CGRP con risultati molto positivi, tuttavia circa il 30% dei pazienti non riescono a trarre beneficio da queste cure specifiche e innovative. Perciò gli scienziati Italiani, Statunitensi ed Australiani hanno cercato di migliorare la terapia anti-CGRP dell’emicrania, e riportano nel loro studio una nuova nanomedicina che, penetrando all’interno della cellula di Schwann, si è rivelata più attiva di quelle convenzionali nel ridurre il dolore prodotto da CGRP. Lo studio finanziato dall’European Research Council apre quindi una nuova e importante prospettiva per poter curare anche quei pazienti emicranici che non rispondono alle attuali cure.
Iscriviti alla nostra newsletter per ricevere aggiornamenti e novità sulle attività SISC